È IN CORSO LA TERZA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE?
Le rivoluzioni industriali rappresentano un confine tra due “ere” e si manifestano a valle di un processo evolutivo delle tecnologie a disposizione delle attività produttive, comportando sempre un momento di rottura e di trasformazione molto impattante sul sistema industriale dell’epoca in cui sono avvenute. Nella storia della manifattura si è assistito ad una prima rivoluzione nel XIX secolo, grazie alla quale il lavoro e la fatica dell’uomo sono state sostituite dal lavoro delle macchine, con l’uso dei primi motori a vapore e poi di quelli elettrici; una seconda rivoluzione industriale può essere associata all’introduzione delle linee di montaggio/assemblaggio, che dal 1950 hanno permesso alle società di beneficiare di prodotti offerti a prezzi accessibili, in quanto realizzati su larga scala ed in elevate quantità (produzione di massa).
Circa un anno fa, alcune autorevoli testate hanno portato alla luce un fenomeno che a piccoli passi sta portando le aziende manifatturiere ad operare in modo differente rispetto al passato: “The Economist” prima e “Scientific American” poi, hanno sottolineato come un numero sempre maggiore di aziende stia muovendo nuove tecnologie digitali all’interno dei propri processi produttivi e all’interno dei propri manufatti. L’utilizzo e la diffusione di alcune tecnologie digitali, rese (ora) disponibili a prezzi accessibili anche per le medie aziende, può portare, almeno secondo queste due riviste, ad una vera e propria nuova rivoluzione digitale: la “Terza Rivoluzione Industriale”.
FIGURA 1 – RIVOLUZIONI INDUSTRIALI
La rivoluzione digitale ha già trasformato interi settori di business, quali ad esempio la finanza, i media, il turismo, e la fotografia. Basti pensare alla diffusione dell’home banking, grazie al quale il 45% degli Italiani utilizza solo il canale internet per le proprie operazioni bancarie: ben diversa la situazione fino a 5/6 anni fa, in cui ci si doveva recare presso gli sportelli della propria banca per ogni transazione e/o informazione. Altro esempio eclatante viene dal mondo dell’imaging: Kodak, dopo 131 anni di attività, a gennaio 2012 deve dichiarare la bancarotta, per l’assenza di liquidità ed incapacità a vendere i propri brevetti. La mancata ristrutturazione dell’azienda (inizio anni 2000) verso il formato digitale della fotografia ha condotto l’azienda a subire il nuovo mercato, invece che essere un protagonista nel nuovo settore.
FIGURA 2 - EVOLUZIONE DEL SETTORE BANCARIO
Ma quali sono queste tecnologie digitali potenzialmente così impattanti sulle attività produttive (e non solo) delle aziende manifatturiere?
Tecnologie digitali abilitanti
Una di quelle maggiormente note è la Stampa 3D, o meglio definita come additive manufacturing, grazie alla quale è possibile capovolgere il processo di produzione tradizionale: il punto di partenza non è la materia prima dalle quale per asportazione si realizza il manufatto, bensì, partendo da un modello digitale, il prodotto viene costruito da apposite “stampanti” in grado di posizionare strati di materiale l’uno sopra l’altro, componendo al termine del processo di stampa l’oggetto in questione. I vantaggi? Molti: meno materiale di scarto, possibilità di realizzare prodotti con forme e geometrie complicate, minore consumo di energia durante la lavorazione ed infine la convenienza a produrre anche prodotti in lotti unitari (mantenendo i costi di produzione contenuti). Le applicazioni industriali sono numerose e (talvolta) molto affascinanti. Si pensi, per esempio, alla possibilità di realizzare (in un futuro non troppo lontano) parti di ricambio di prodotti tramite un processo di additive manufacturing: verrebbe meno la necessità per le aziende produttrici di appoggiarsi ad una filiera commerciale (con cui oggi rendono disponibile le parti di ricambio in tutto il mondo); sarebbe infatti sufficiente che il cliente finale disponga di una stampante 3D con cui stamparsi direttamente in casa il componente di ricambio di una macchina o di una linea produttiva, disponendo del modello 3D fornito dal produttore. Le implicazioni sul mondo manifatturiero non si esauriscono qui. Più in ampio, sussistono numerose possibilità legate capacità di realizzare prodotti con materiali più leggeri e dalle forme talmente complicate che, con i processi tradizionali, non sarebbero realizzabili e/o economicamente convenienti: per esempio GE Aviation ha fortemente investito su questa tecnologia, grazie alla quale realizza turbine più performanti, con molteplici benefici, tra cui la possibilità di lavorare a temperature superiori, riducendo la quantità di carburante richiesta e garantendo una maggiore affidabilità del prodotto. Altri esempi provengono dal mondo delle gare automobilistiche: diversi player realizzano componenti delle proprie monoposto tramite l’additive manufacturing, rendendoli più leggeri e dalle prestazioni aerodinamiche superiori (dovute a geometrie più precise e dettagliate).
FIGURA 3 – Turbina di un aereo (GE Aviation)
Altra tecnologia digitale dall’impatto potenziale molto elevato è sicuramente l’Internet delle cose. Questo nuovo paradigma sfrutta una serie di sensori e rilevatori in miniatura, in grado di essere installati su quasi tutti i prodotti in commercio (a partire dagli elettrodomestici, sino alle confezioni di biscotti). Questi dispositivi, dotati di una connessione internet, possono scambiare informazioni con il mondo circostante, ricevendo dati con i quali modificare la loro condizione d’uso, o fornendo informazioni sul loro stato di utilizzo al consumatore o al produttore. Molte le aziende che si affidano a questi sensori in campo logistico, in grado di tracciare l’intero percorso del prodotto dal magazzino fino al consumatore, segnalando eventuali gestioni erronee che possono averne compromesso l’affidabilità. Altre aziende manifatturiere ne hanno fatto (e stanno facendo) ampio ricorso per traslare il focus dal manufatto fisico al servizio offerto (associato al prodotto). Alcuni esempi in questa direzione coinvolgono importanti produttori di macchinari molto complessi come Rolls Royce e Caterpillar: entrambe le aziende non vendono più i propri manufatti (turbine per aerei e macchine per movimentazione), bensì vendono le ore di lavoro di queste attrezzature. Tramite un sistema molto avanzato di sensori applicati ai propri prodotti, possono costantemente monitorarne l’effettivo utilizzo dal parte del cliente, che può richiedere l’uso dei prodotti senza doverli per forza acquistare. Il produttore si fa carico anche delle operazioni di manutenzione ed assistenza dei propri prodotti, ed il cliente paga solo le ore in cui utilizza i macchinari a disposizione (pay x use in campo machinery). Non c’è più acquisto e possesso del prodotto, ma “acquisto” dell’uso del prodotto.
FIGURA 4 – Internet delle cose
Altre tecnologie possono riferirsi alla realtà virtuale e a quella aumentata (molto sfruttate nelle attività di manutenzione ed assistenza e nel digital marketing), alle nanotecnologie (dall’impatto trasversale a quasi tutti i settori industriali), all’intelligenza artificiale e alla robotica avanzata (in grado di rendere i robot intelligenti, capaci di prendere decisioni in base allo stato dell’ambiente circostante). L’insieme di queste tecnologie con quelle precedenti, completa il quadro delle tecnologie che il CEO di Google (Eric Schmidt), definisce come disruptive tecnologies, ovvero tecnologie con un impatto potenzialmente trasformativo sul mondo della manifattura tradizionale.
Il Centro di Ricerca SCSM (Supply Chain & Service Management) ha fatto suo questo tema, sviluppando un progetto di ricerca pluriennale con cui investigare ed approfondire il fenomeno (in Italia), dal titolo: “Il Digital Manufacturing. Quali sfide e quali opportunità per le aziende italiane?”
La ricerca farà riferimento in via prioritaria alle imprese medio-grandi del settore manifatturiero. L’obiettivo conoscitivo perseguito sarà di fotografare conoscenze, tecnologie e soluzioni disponibili nel contesto attuale, con riferimento sia alla domanda espressa dagli utilizzatori industriali, sia all’offerta espressa dai provider delle tecnologie abilitanti.
I risultati attesi della ricerca saranno:
1. Fotografare lo stato dell’arte della domanda e dell’offerta di conoscenze, tecnologie e soluzioni di digital manufacturing nel contesto Italiano, realizzata attraverso un’indagine empirica sul campo, oltre che tramite lo studio della letteratura tecnico-scientifica sul tema;
2. Definizione di un framework capace di interpretare i principali aspetti dello scenario analizzato, in termini di: ricadute effettive oppure attese / potenziali; fattori inibenti / abilitanti; meccanismi di interazione tra singole tecnologie abilitanti; investimenti richiesti e tempi di ritorno dei medesimi; etc.
Spesso i contemporanei non si accorgono di aver vissuto una vera e propria rivoluzione, classificata solo a posteriori come tale. Questa ricerca vuole porre le basi per prendere coscienza di un cambiamento in atto nel mondo della manifattura, che in futuro forse potrebbe (forse) essere definito come rivoluzione.
Andrea Bacchetti, Massimo Zanardini
Per qualsiasi informazione, chiarimento e approfondimento:
andrea.bacchetti@ing.unibs.it
massimo.zanardini@ing.unibs.it
www.inf-os.it
twitter: @Inf-Os_cpg
ANDREA BACCHETTI
Laureato nel 2006 in Ingegneria Gestionale presso l’Università degli Studi di Brescia, consegue nel 2010 il titolo di dottore di ricerca in Progettazione e Gestione dei Sistemi Logistici e Produttivi e svolge attività di ricerca e didattica presso il Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Industriale della facoltà di Ingegneria dell’Università di Brescia. Dal 2008 è membro del Centro di Ricerca sul Service Management e del Centro di Competenza sull’Innovazione dei Processi Gestionali, presso CSMT Gestione. Nell’ambito dell’iniziativa ASAP Service Management Forum (www.asapsmf.org), è responsabile dal 2008 al 2010 delle attività della sezione Apparecchi Domestici ed Elettronica di Consumo, area operatori post-vendita ed assistenza tecnica. Dal 2010 è responsabile scientifico dell’iniziativa Inf-os (www.inf-os.it), incentrata sul tema dell’innovazione a base informativa dei processi aziendali.
MASSIMO ZANARDINI
Massimo Zanardini si è laureato a marzo 2012 in Ingegneria Gestionale presso l’Università degli Studi di Brescia, discutendo una tesi sulle modalità di collaborazione ed integrazione fornitore-cliente lungo le filiere logistiche. Fa parte del Centro di Ricerca sul Service Management presso il Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Industriale della facoltà di Ingegneria dell’Università di Brescia e del Centro di Competenza sull’Innovazione dei Processi Gestionali, presso CSMT Gestione. Attualmente è al primo anno del corso di dottorato, nel quale affronta temi legati all’innovazione digitale e alle nuove tecnologie a disposizione delle aziende in grado di generare una vera e propria rivoluzione industriale.
Commenti
Aggiungi un commento